Il codice a barre che troviamo sulle etichette dei prodotti compie 40 anni

Il 26 giugno 1974, alle 8.01 del mattino in uno store a Troy nell’Ohio, Mr Clyde Dawson acquistava un pacchetto di gomme da masticare Wrigley gusto juicy fruit e pagava 67 centesimi alla cassiera Sharon Buchanan, che scansionò per la prima volta il codice a barre stampato sul pacchetto di gomme.

Un pacchetto passato alla storia, tanto che è conservato al Smithsonian Institution’s National Museum of American History di Washington D.C, negli Stati Uniti.

Oggi, ogni giorno nel mondo, vengono letti più di 5 miliardi di codici a barre GS1 ex EAN International. Da Atlanta a Zagabria, da Auckland a Milano, gli scanner leggono i codici a barre su ogni sorta di beni prodotti da milioni di aziende grandi e piccole. I codici vengono inviati a migliaia di computer di varie tipologie che utilizzano programmi software diversi sviluppati da aziende concorrenti per gestire le spedizioni, i magazzini, gli ordini, le vendite.

«Immaginiamo per un momento un mondo senza codici a barre GS1. Quanto sarebbero lunghe le code alle casse dei supermercati? Quanto sarebbe frustrante per i consumatori? Basta pensare a cosa succederebbe se per un solo giorno, al supermercato, gli scanner alle casse non funzionassero e gli addetti dovessero digitare a mano i numeri presenti sui barcode di ogni prodotto della spesa dei clienti» ha commentato Miguel Lopera, presidente e ceo di GS1. GS1 è un’associazione no-profit dedicata allo sviluppo e all’implementazione degli standard mondiali e soluzioni per accrescere l’efficienza e la visibilità dei vincoli di domanda e offerta a livello mondiale e attraverso vari settori.

I codici a barre GS1 sono indubbiamente il segno più noto e universalmente riconosciuto del sistema di standard GS1. Da quando sono stati inventati oltre quarant’anni fa, GS1 crea e gestisce standard che consentono ad aziende e organizzazioni in tutto il mondo di identificare in modo automatico prodotti, pallet e luoghi.

L’idea dei codici a barre fu sviluppata da Norman Joseph Woodland e Bernard Silver, all’epoca studenti di ingegneria dell’Università di Drexel. Il 7 ottobre 1948 l’idea nacque dopo aver ascoltato le esigenze di automatizzare le operazioni di cassa da parte del presidente di un’azienda del settore alimentare.

Una delle prime idee era stata quella di utilizzare il Codice Morse stampato ed esteso in senso verticale, realizzando così barre strette e barre larghe. In seguito utilizzarono dei codici a barre ovali e brevettarono la loro invenzione.

I primi tentativi di riconoscere i codici a barre con un fotomoltiplicatore originariamente utilizzato per la lettura ottica delle bande audio dei film non ebbero successo: l’eccessivo rumore dei dispositivi termoionici, il calore generato dalla lampada utilizzata per l’illuminazione e il peso risultante dall’insieme erano ostacoli insormontabili in quanto le lampade allo Xeno, l’unica fonte luminosa all’epoca abbastanza intensa, avevano prezzi improponibili, specie quelle a flusso continuo.

Il successivo sviluppo della tecnologia laser permise ai lettori di essere costruiti a prezzi più accessibili e lo sviluppo dei circuiti integrati permise la decodifica vera e propria dei codici. Silver morì nel 1963 a soli 38 anni, prima di vedere le numerose applicazioni pratiche del suo brevetto.

Nel 1972, un grande magazzino di Cincinnati fece degli esperimenti con un lettore con l’aiuto della RCA, ma i codici a barre ovali si macchiavano facilmente o si producevano delle sbavature durante la stampa, per cui l’esperimento fu un insuccesso. Nel frattempo, Woodland sviluppò presso IBM i codici a barre lineari, che furono adottati il 3 aprile 1973 con il nome “UPC” (Universal Product Code).

Codice a barre significato cifre