Basti pensare che 100 consumatori Italiani che consumano tutti i giorni uno yogurt del valore di 1 € fatto completamente in Italia contribuiscono a pagare uno stipendio di 36.500 € lordi annui di un lavoratore che lavora in Italia salvaguardando anche la filiera italiana del latte mentre 100 consumatori italiani che consumano tutti i giorni uno yogurt del valore di 1 € fatto ad es. in Germania contribuiscono a pagare uno stipendio di 36.500 € lordi annui di un lavoratore che lavora in Germania (*) finanziando di fatto un’altra filiera. Leggere l’etichetta può fare la differenza anche per uscire dalla crisi che stiamo vivendo. Ecco perché ci stiamo battendo con la petizione “Nessuno tocchi l’indicazione dello stabilimento di produzione sull’etichetta” (che ad oggi ha raccolto quasi 10.000 firme e che presenteremo al Parlamento Europeo. ***Se non hai ancora firmato firma qui http://goo.gl/w5hX4***) per avere su tutti i prodotti europei l’indicazione dello stabilimento di produzione identificato sia dal codice sanitario che dall’informazione testuale (Città, Via e Numero Civico). L’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione nel Regolamento Europeo 1169/2011 non c’è, e infatti quasi tutti i prodotti provenienti da altre nazioni non riportano tale informazione e dal 2014 tale informazione rischia di scomparire anche dai prodotti italiani! Eppure grazie all’indicazione dello stabilimento di produzione:
– Si può risalire al nome del produttore del prodotto.
– Si conosce con certezza oltre al Paese anche in quale specifico stabilimento è fabbricato un prodotto.
– Ma sopratutto si può scegliere con maggiore consapevolezza cosa consumare. Allora perché il Parlamento Europeo non inserisce nel regolamento 1169/2011 tale informazione come obbligatoria?
E’ importante quindi agire sia sul binario legislativo in tema di etichettatura e tracciabilità come stiamo cercando di fare attraverso la nostra petizione“Nessuno tocchi l’indicazione dello stabilimento di produzione sull’etichetta” (***Se non hai ancora firmato firma qui http://goo.gl/w5hX4***) sia attraverso l’educazione al consumo.
L’esigere l’indicazione dello stabilimento di produzione sull’etichetta è un primo passo verso una tracciabilità seria e completa dei prodotti che consumiamo. Il secondo passo sarà finalizzato al cercare di ottenere la tracciabilità completa di tutte le materie prime che vanno a costituire gli ingredienti dei prodotti per evitare episodi gravi come quello del non poter sapere se le materie prime provengono da zone inquinate come la Terra dei Fuochi ad esempio. Oltre all’intervento da parte del Governo con un Decreto mirato all’emergenza in Campania si deve intervenire anche per dar modo al consumatore di sapere cosa sta mangiando, e questo si può fare solo agendo sulla normativa in tema di etichettatura. Da dove proviene la farina della pasta, da dove provengono le verdure di un minestrone? Far conoscere la filiera di un prodotto al consumatore è un’ulteriore segnale di trasparenza su cui devono puntare le aziende e le istituzioni perché chi arriverà a sposare questa visione trasparente del commercio e del rapporto con i consumatori sarà anche chi genererà profitti e rilancerà l’economia.
Terzo passo: la definizione di uno standard univoco per l’etichettatura, stili grafici di caratteri colori disposizione degli elementi in etichetta chiari e leggibili secondo regole chiare e univoche affinché tutti i lettori OCR dei non vedenti e ipovedenti possano accedere alle informazioni riportate in etichetta (ad oggi praticamente impossibile). Oltre a ciò l’obbligo di rendere le etichette accessibili anche in formato elettronico in un database unico europeo continuamente aggiornato.*Calcolo effettuato stimando da parte di 100 consumatori il consumo per 365 gg di una confezione di yogurt al prezzo medio di 1 € (100x1x365=36.500 €)LEGGI ANCHE: L’etichetta dei prodotti che vogliamo: tracciabilità e accessibilità le parole d’ordine