La crisi spinge anche nel 2014 la spesa low cost. Le famiglie italiane inseguono sempre di piu’ risparmi e promozioni: 5 italiani su 7 hanno provato almeno una volta i discount nel primo trimestre di quest’anno confermando una tendenza cresciuta con la recessione e consolidatasi nel 2013. E’ quanto registra un rapporto del Centro studi Unimpresa, che ha condotto un’analisi a campione tra i 18mila esercizi commerciali associati. E commentando i recenti sgravi fiscali varati dal Governo, l’associazione sostiene che servono interventi strutturali e il bonus da 80 euro ‘una tantum’ non aiuta la ripresa. La recessione, secondo l’associazione, “ha ormai radicalmente alterato le abitudini al supermercato: il 71,5% degli italiani fa economia e cosi’ rispetto al primo trimestre dello scorso anno sono piu’ che raddoppiati, tra gennaio e marzo, gli acquisti di offerte speciali”. Secondo lo studio, “aumentano le persone che fanno shopping ‘per mangiare’ nei negozi a ‘basso costo'”. “Dagli alimenti alle bevande, ma anche prodotti per la casa e abbigliamento, gli sconti fanno gola a tutti e sono la risposta fai-da-te delle persone alla crisi. Nel carrello della spesa degli italiani – secondo quanto emerge dalla ricerca di Unimpresa – finiscono con sempre maggiore frequenza rispetto al passato prodotti offerti sugli scaffali con sconti, specie quelli con ribassi dei prezzi superiori anche oltre il 30% rispetto al listino ufficiale.
Gli acquisti low cost nel primo trimestre del 2014 sono cresciuti del 60%. Lo studio conferma e mette in luce, dunque, una tendenza in atto da tempo, peraltro gia’ rilevata negli ultimi tre anni dall’associazione. Confermato il dato piu’ rilevante secondo cui l’attenzione alle offerte speciali porta i consumatori a fare una vera e propria incetta di beni a basso costo: i cittadini sono diventati super esperti dei volantini, puntano le promozioni e nelle buste della spesa finisce solo quanto e’ proposto in offerta, mentre restano sugli scaffali dei supermercati e dei piccoli negozi su strada tutti gli altri prodotti. Obiettivo che si raggiunge soprattutto con la lettura ormai quotidiana di volantini: gli italiani li leggono sempre di piu’ alla ricerca di sconti e prezzi bassi”.
Tutto cio’, secondo l’associazione, “ha inevitabili conseguenze negative sui ricavi degli esercenti: secondo prime stime l’impatto sui conti potrebbe arrivare ad avere un’incidenza negativa del 65-70%. Elemento che aggraverebbe un quadro gia’ profondamente depresso: del resto, nel 2013 i consumi sono scesi del 2,6%”. “Nel 2014 – secondo le previsioni di Unimpresa – dovrebbe faticosamente ripartire la ripresa con una salita, seppur, minima delle vendite al dettaglio”. I dati del sondaggio Unimpresa indicano che “i piccoli negozi sono sempre meno frequentati (-6,5%) e il trend e’ negativo anche per i supermercati (-2,1%); solo i discount segnano una tendenza positiva (+4,8%)”.
“Ora c’e’ il bonus da 80 euro – osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – ma si tratta di una misura una tantum che dovra’ essere confermata per i prossimi anni: avremmo preferito un intervento sull’Ipref strutturale perche’ altrimenti non e’ sicuro che ci siano benefici per la ripresa”. “Al governo di Matteo Renzi riconosciamo un approccio diverso rispetto al passato. Il consenso attorno a questo esecutivo sembra importante e non va sprecato. Serve una cura da cavallo – aggiunge Longobardi – per far ripartire l’economia. Giu’ le tasse, subito. Senza indugi o tentennamenti di sorta”.
UN DATO CORRELATO ALLA DISOCCUPAZIONE: Le abitudini di consumo degli italiani stanno cambiando, principalmente a causa del calo del potere di acquisto dovuto alla crisi e all’aumento della disoccupazione. Un dato drammatico emerge dall’Istat che ha dichiarato che oltre un milione di famiglie è senza reddito da lavoro basandosi sui dati del 2013. Tutti i componenti “attivi” che partecipano al mercato del lavoro sono disoccupati. Nel dettaglio si tratta di 1 milione e 130mila nuclei, tra i quali quasi mezzo milione (491mila) corrisponde a coppie con figli, mentre 213mila sono monogenitore. E nel confronto con 2 anni prima il rialzo arriva al 56,5%.
Le famiglie senza reddito da lavoro, dove chi cerca un impiego non lo trova, salgono ancora e nel 2013 arrivano a oltrepassare la soglia del milione. Dati Istat alla mano, la crescita nell’ultimo anno è stata pari al 18,3%, con altre 175mila finite nel gruppo che l’Istituto di statistica classifica “con tutte le forze in cerca di lavoro”. Le situazioni più critiche potrebbero coincidere con quelle delle coppie con figli, quasi mezzo milione, a cui si aggiungono più di 200 nuclei monogenitore, dove nella gran parte dei casi il solo capofamiglia è una donna, o meglio una mamma. Si tratta quindi di case dove i membri “attivi” sul mercato, in età lavorativa, non hanno un posto e devono trovare le risorse necessarie per andare avanti da altre fonti di reddito, diverse dalla busta paga. Magari il supporto può arrivare dal componente, può essere anche più di uno, che gode di pensione. Un’altra ipotesi di sostegno potrebbe coincidere con l’indennità di disoccupazione; o ancora con rendite da capitale, come può accadere a coloro che hanno abitazioni o locali in affitto.
Sicuramente l’identikit della famiglia che non può fare riferimento su uno stipendio varia: dagli anziani, ormai fuori dal mondo del lavoro, con un figlio disoccupato e l’altro ancora studente, alla giovane madre alla ricerca di un impiego che deve farsi carico dei bambini senza l’aiuto dell’altro genitore; dal single che ha perso il posto alla coppia di giovani che non riesce a trovare ancora nulla. Quasi di certo, però, dietro la maggior parte delle situazioni c’è uno stato di disagio o comunque mancano certezze. Tuttavia non si può escludere ci siano storie più fortunate, di chi può permettersi di vivere senza lavorare, contando su forti rendite, i cosiddetti rentier. A soffrire di più, ancora una volta, è il Mezzogiorno, con 598mila famiglie dove coloro che sono forza lavoro risultano tutti disoccupati. Seguono il Nord, che ne ha 343 mila, e il Centro, con 189 mila. Ma il fenomeno avanza dappertutto, basti pensare che a confronto con due anni prima, l’aumento è addirittura del 56,5%.