Diventano a pagamento, solo per gli utenti di TIM e VODAFONE, gli sms di notifica chiamata. Quindi da oggi tenere anche il cellulare spento può avere un costo. Sono gli sms per intenderci che vi avvisano quando un numero, che abbiamo cercato di chiamare, è di nuovo raggiungibile o se qualcuno ha provato a telefonare al nostro numero senza riuscirci.
I servizi “Lo Sai” e “Chiama Ora” di Tim costano infatti da oggi 1,90 euro ogni quattro mesi. Per quelli analoghi di Vodafone, “Chiamami” e “Recall”, sono addebitati 6 centesimi solo nei giorni in cui sono stati utilizzati almeno una volta.
COME DISABILITARE LO SAI, CHIAMA ORA DI TIM E CHIAMAMI E RECALL DI VODAFONE : E’ possibile disabilitare questi servizi seguendo queste procedure. Con Tim bisogna chiamare il numero gratuito 40920 e seguire la procedura guidata, oppure andare sul sito nell’area clienti. Idem per Vodafone: il numero gratuito è 42593; l’area “fai da te” è accessibile dall’home page del sito.
Gli operatori stanno avvisando gli utenti di queste modifiche ma alcune associazioni dei consumatori sono comunque decise a dare battaglia. Codacons ha denunciato i due operatori all’Agcom. “È assurdo che due società decidano in contemporanea di trasformare a pagamento servizi fino ad ora gratuiti”, commenta il Presidente Codacons, Carlo Rienzi. “Non vorremmo che i gestori telefonici, con questa mossa, intendano recuperare i minori costi del roaming a carico degli utenti italiani, dimezzati a partire dall’1 luglio. Presenteremo oggi stesso un esposto all’Autorità per le comunicazioni, affinché faccia chiarezza su tale vicenda”.
Anche Federconsumatori si oppone: “I due gestori se la stanno prendendo molto comoda nell’informare i propri clienti della prossima novità. E coloro che hanno attivato questi servizi sulla propria linea corrono il rischio di ritrovarsi addebitati dei costi che non sospettavano di dover sostenere”. Indagine Antitrust. E’ di oggi anche l’apertura di un’indagine Antitrust contro Tim, Vodafone, Wind e 3 Italia per attivazione di servizi non richiesti. L’accusa – su denuncia di alcune associazioni – è di aver omesso “informazioni rilevanti circa l’oggetto del contratto di telefonia mobile e, in particolare, l’abilitazione dell’utente alla ricezione di servizi a pagamento durante la navigazione in mobilità, le caratteristiche essenziali, le modalità di fornitura e di pagamento dei servizi”. Nel mirino ci sono anche gli addebiti diretti sul conto telefonico per contenuti digitali a pagamento.