Io leggo l'etichetta

Firma la petizione “Nessuno tocchi l’indicazione dello stabilimento di produzione sull’etichetta”

NESSUNO TOCCHI L'INDICAZIONE DELLO STABILIMENTO DI PRODUZIONE SULL'ETICHETTA - FIRMA LA PETIZIONE

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FIRMA PER SAPERE CHI FA E DOVE VENGONO FATTI I PRODOTTI CHE CONSUMI!

Fino al 13 dicembre 2014 in Italia grazie al D.lgs.109/1992 l’indicazione sull’etichetta dell’indirizzo della sede dello stabilimento di produzione è stata obbligatoria. Dal 13 Dicembre 2014 però a causa del regolamento europeo 1169/2011 l’indicazione rischia di scomparire non essendo considerata più obbligatoria. In Europe e sulle etichette dei prodotti venduti in Italia e provenienti dal resto d’Europa avviene già e chiediamo che questo vuoto normativo venga sanato, estendendo tale obbligo anche in Europa, e continuando a prevederlo anche in Italia.
Il primo tassello a favore della tracciabilità è conoscere lo stabilimento di produzione dove vengono fabbricati i prodotti ed elaborate le materie prime. Il regolamento europeo entrato in vigore il 13 Dicembre 2014 ad eccezione di carni e latticini su cui è previsto il codice sanitario (che è comunque un numero che identifica lo stabilimento di produzione e non un testo immediatamente leggibile dal consumatore) stabilisce che basta in etichetta solo l’indicazione del marchio che identifica il responsabile legale di ciò che si vende. Troppo poco. Le due informazioni stabilimento di produzione e responsabile legale sono due informazioni entrambe necessarie e complementari, ma non sono equivalenti. Qual è la motivazione che ha portato il legislatore europeo a non ritenere fondamentale far conoscere al consumatore la fabbrica in cui è elaborato un prodotto finito?

Pensate che conoscere dall’etichetta il responsabile legale e il solo Paese in cui è fabbricato un prodotto è un’informazione sufficientemente trasparente per il consumatore per consentirgli di conoscere chi ha realmente fabbricato un prodotto? La risposta per noi è no. L’informazione obbligatoria testuale e non solo numerica come su carni e latticini che identifica lo stabilimento di produzione è fondamentale per tutelare il MADE IN ITALY che troppo spesso è vittima di truffe internazionali. Pensate che il danno arrecato a tutti noi e all'economia italiana dai falsi prodotti italiani nel mondo ammonta a 60 miliardi di euro l'anno. Una cifra enorme che potrebbe essere recuperata se fosse scritto sull'etichetta OBBLIGATORIAMENTE l'indirizzo della fabbrica che produce.

Eppure la necessità di avere sull’etichetta l’indicazione testuale PAESE, VIA E NUMERO CIVICO dello stabilimento di produzione non è solo un’esigenza percepita in Italia. Un consumatore inglese già qualche anno fa su un suo blog (1) scriveva “It’s a mystery to me why these licence numbers aren’t made more accessible to the public. Don’t we have a right to know who produced our food? “ “E’ un mistero per me capire perché questi numeri (del codice sanitario) non siano più accessibili al pubblico. Non abbiamo forse il diritto di conoscere chi produce il nostro cibo? ”
Allora perché togliere anche in Italia ciò che invece era un’informazione utile e non impegnarsi invece affinché venga estata anche in Europa?

Riteniamo che sia la trasparenza la leva su cui devono puntare le aziende e le istituzioni, perché chi arriverà a sposare questa visione del commercio e del rapporto con i consumatori sarà anche chi genererà profitti e rilancerà l’economia. La comunità di oltre 100.000 consumatori che seguono Ioleggoletichetta è nata grazie all’indicazione dello stabilimento di produzione in etichetta che consente di conoscere il nome della ditta che produce un determinato prodotto. Tale partecipazione riteniamo sia un motivo più che valido per impegnarsi affinché venga data la giusta importanza a questa informazione necessaria per i consumatori, rendendola pertanto obbligatoria.

- Chiediamo al Governo Italiano di impegnarsi affinché l’obbligo di indicare in maniera testuale l’indicazione dello stabilimento di produzione rimanga.

- Chiediamo al Parlamento Europeo che l’obbligo nell’indicare lo stabilimento di produzione in etichetta venga esteso e integrato nel Reg. 1169/2011. Chiediamo che il bollo sanitario come identificativo numerico sia esteso non solo su carni e latticini ma anche su tutte le altre categorie di prodotto insieme all’informazione testuale caratterizzata da PAESE, CITTA’, VIA E NUMERO CIVICO che identifica lo stabilimento di produzione.

Io leggo l'etichetta ha lanciato questa raccolta firme per impedire che scompaia dalle etichette dei prodotti italiani l'indicazione dello stabilimento di produzione. E' necessario spronare il legislatore italiano affinché chieda a Bruxelles di mantenere questa informazione che tutela prima di tutto il consumatore. Abbiamo inoltre l'obiettivo ulteriore di estendere questa informazione a tutto il mercato Europeo sia sui prodotti alimentari che non alimentari perché ormai il mercato italiano è pieno di prodotti fabbricati all'estero dove troverete un generico e dispersivo FABBRICATO IN GERMANIA, FRANCIA, SPAGNA ecc...ma della via dello stabilimento in cui un prodotto è fabbricato non troverete traccia. Il marchio da solo non identifica lo stabilimento di produzione, che i consumatori invece vogliono giustamente conoscere. Per conoscere lo stabilimento di produzione è necessario mantenere in Italia l'obbligo legislativo di riportare la via che identifica lo stabilimento. Solo la via dello stabilimento può infatti identificare in maniera univoca il produttore indipendentemente dal marchio con cui è venduto un prodotto.

FIRMA PER CHIEDERE CHE IN ITALIA L'INDICAZIONE DELLA VIA DELLO STABILIMENTO DI PRODUZIONE IN ETICHETTA VENGA MANTENUTA E CHE VENGA ESTESO L'OBBLIGO IN EUROPA AFFINCHE' ANCHE SUI PRODOTTI CHE ARRIVANO IN ITALIA DALL'ESTERO SI POSSA CAPIRE CHIARAMENTE CHI E' IL PRODUTTORE. Per ulteriori informazioni leggi l'articolo di approfondimento

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COSA CHIEDE LA PETIZIONE

 

Cosa chiede la petizione “Nessuno tocchi l’indicazione dello stabilimento di produzione”

 

Riteniamo che sia la trasparenza la leva su cui devono puntare le aziende e le istituzioni, perché chi arriverà a sposare questa visione del commercio e del rapporto con i consumatori sarà anche chi genererà profitti e rilancerà l’economia. La comunità di oltre 100.000 consumatori che seguono Ioleggoletichetta è nata grazie all’indicazione dello stabilimento di produzione in etichetta che consente di conoscere il nome della ditta che produce un determinato prodotto. Tale partecipazione riteniamo sia un motivo più che valido per impegnarsi affinché venga data la giusta importanza a questa informazione necessaria per i consumatori, rendendola pertanto obbligatoria.

 

– Chiediamo al Governo Italiano di impegnarsi affinché l’obbligo di indicare in maniera testuale l’indicazione dello stabilimento di produzione rimanga.

 

– Chiediamo al Parlamento Europeo che l’obbligo nell’indicare lo stabilimento di produzione in etichetta venga esteso e integrato nel Reg. 1169/2011. Chiediamo che il bollo sanitario come identificativo numerico sia esteso non solo su carni e latticini ma anche su tutte le altre categorie di prodotto insieme all’informazione testuale caratterizzata da PAESE, CITTA’, VIA E NUMERO CIVICO che identifica lo stabilimento di produzione.

 

Tra le aziende firmatarie della nostra petizione, Generale Conserve Asdmoar, Latte Maremma, Conserve Italia, Granarolo, Sterilgarda, Pedon, Callipo, Nino Castiglione, F.lli Polli, Cantine Cerquetta, Goccia D’Oro, Caffè Vergnano, De Matteis

 

Tra la GDO Conad, Coop, Unes, Coralis, Selex, Auchan, Simply, Eurospin, Vegé..

 

 

GENESI: LO STABIIMENTO DI PRODUZIONE e IOLEGGOLETICHETTA.it

 

Lo stabilimento di produzione era obbligatorio in Italia grazie alle legge 109/92 e grazie a questa informazione è nato qualche anno fa su iniziativa di Raffaele Brogna il progetto Ioleggoletichetta.it un sito informativo che fa conoscere ai consumatori CHI SONO I PRODUTTORI dei prodotti e sensibilizza al tema della TRASPARENZA e DEL MADE IN ITALY.

 

Nascono così articoli comparativi che consentono di far CONOSCERE i prodotti e intorno all’informazione dello STABILIMENTO PRODUTTIVO si radunano oltre 100.000 consumatori che spinti dall’esigenza di risparmiare e di conoscere (a partire da questa informazione) confrontano, segnalano e conoscono i prodotti, leggono gli ingredienti e le tabelle nutrizionali acquisendo consapevolezza in ciò che acquistano. Nasce il verbo #Etichettiamoci su Twitter

 

Nel 2013 un fulmine a ciel sereno. Apprendiamo da un amico avvocato che la legge Europea 1169/2011 che sarebbe entrata in vigore il 13 dicembre del 2014 avrebbe eliminato la legge 109/92 se il Governo Italiano non avesse fatto nulla. Di fatto… l’indicazione dello stabilimento di produzione che consente di capire al consumatore DOVE e CHI fa un prodotto sarebbe sparita. C’era ancora un po’ di tempo e la speranza era l’ultima a morire.

 

IL SILENZIO DELLA POLITICA

 

Ma la speranza è morta con il silenzio della politica. Nessun politico prima della petizione “Nessuno tocchi lo stabilimento di produzione sull’etichetta” nata da questo sito ha chiesto di mantenere l’obbligo dello stabilimento produttivo.

 

La petizione ad oggi ha raccolto oltre 24.000 firme di consumatori ed ha coinvolto in questa battaglia anche GDO e Industria dalla quale Vito Gulli si è distinto per l’aver accolto e ponendosi in prima linea in questa battaglia per la trasparenza.

 

Insieme abbiamo portato avanti sui social una dura lotta con la politica silente o balbuziente che dir si voglia. Alcuni deputati del PD (Mongiello, Anzaldi) e M5s (Parentela) hanno fatto ODG e interrogazioni sul tema. Ma la maggior parte delle mail inviate da Raffaele Brogna ai 630 deputati non hanno avuto risposta (le leggeranno le mail?)

 

Il tam tam sui social continua e insieme a Vito Gulli si uniscono Pugliese AD di Conad, Mario Gasbarrino Ad di Unes, Eleonora Graffione Ad di Coralis, Giorgio Santambrogio, Marco Berni Resp. Marketing di Latte Maremma. La singolarità è che questi attori si schierano in prima linea tweettando e supportando Raffaele Brogna e Ioleggoletichetta più di tante altre aziende che si sono limitate a firmare e basta.

 

Il Ministro Martina esce dal silenzio e il 21 Dicembre 2014 è stato l’unico membro del Governo di fatto a schierarsi apertamente per reintrodurre l’obbligatorietà dello stabilimento produttivo Tweettando a Raffaele Brogna e Vito Gulli che avrebbe provveduto… Ma la materia in tema di etichettatura è di diretta competenza del Ministro dello Sviluppo Economico Guidi che invece non si è mai schierata apertamente a favore dell’obbligatorietà di questa informazione.

 

 

Il 12 Febbraio 2015 Presso il Ministero dello sviluppo economico si sono incontrati i rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del Ministero della Salute con le associazioni di categoria rappresentative delle filiere agricole e produttive e della grande distribuzione (mancavano i consumatori…) sul tema dell’indicazione della sede dello stabilimento nell’etichetta dei prodotti alimentari a seguito dell’entrata in vigore, lo scorso 13 dicembre, del Regolamento UE 1169 del 2011.

 

“I partecipanti all’unanimità hanno confermato l’importanza dell’indicazione della sede dello stabilimento di produzione nell’etichetta e hanno condiviso l’opportunità di verificare presso l’Unione europea un percorso in grado di assicurare la sua obbligatorietà anche a livello nazionale in un quadro di certezza e stabilità giuridica per le imprese.

 

Da allora di fatto ancora nulla…….

 

Chi ha interesse ad omettere tale informazione in Italia e nel resto d’Europa?

 

INDUSTRIA SPACCATA

 

Il Mondo dell’industria è spaccato… Federalimentare (Confindustria) diretta da Scordamaglia intervistata dal giornalista Emanuele Scarci de Il Sole24ore invece adotta una politica un po’ contradditoria. Dice NO all’obbligo solo in Italia e SI ad obbligo in tutta UE. «Possiamo anche giocare con le parole – osserva Paolo Patruno, responsabile degli affari europei di Federalimentare presente al tavolo tecnico – ma la sostanza è che non siamo d’accordo se il Governo volesse reintrodurre l’obbligo in etichetta solo in Italia: non è lo strumento per tutelare il Made in Italy agroalimentare e i consumatori. La competizione tra le imprese italiane ed estere non avverrebbe ad armi pari: sosteniamo quindi fermamente che la soluzione sia quella di sollecitare l’Ue a rendere applicabile l’obbligo a tutti i 28 Stati membri e di spostare il dibattito in sede europea». Ci vorrebbero degli anni prima di convincere tedeschi e nord europei. «Può darsi – risponde Patruno – ma bisogna pur iniziare». Ci sono imprese industriali importanti che vorrebbero l’obbligo, anche solo in Italia. “Non mi risulta – conclude Patruno – Le nostre 16 associazioni sono tutte concordi con Federalimentare”

 

GDO FURBETTA E IL CASO CONCRETO DELL’ETICHETTA PRE E POST 1169/2011

 

Il caso Lidl Pre e Post 13 Dicembre 2014

 

’ESEMPIO CONCRETO: La stessa identica confezione di Plumcacke della Lidl a marchio Nastrecce ante 13 Dicembre 2014 riportava in base alle legge 109/92 l’indicazione dello stabilimento di produzione e infatti leggiamo: Prodotto in Italia da Vicenzi Biscotti Spa, Via F. Forte Garofaolo 1, 37057 S. Giovanni Lupatoto (VR) nello stabilimento di Nusco (AV), Contrada Fiorentine, Zona Industriale F1. Potevamo quindi sapere esattamente DOVE e CHI faceva un determinato prodotto.

 

Sulla nuova confezione Post 13 Dicembre 2014 con l’applicazione del nuovo Regolamento Europeo 1169/2011 leggiamo invece solo: Prodotto in Italia, Lidl Italia Srl, Via Augusto Ruffo 36, I – 37040 Arcole (VR)

 

 

GUARDA IMMAGINE

 

 

COME REINTRODURRE L’OBBLIGO

 

Come chiesto con la petizione, noi come Italia possiamo fare una legge come nel ’92 e mantenere obbligatoria l’indicazione dello stabilimento in base all’ART.39 del Reg. Europeo.

 

Infatti all’art. 39.1: “Oltre alle indicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9, paragrafo 1, e all’articolo 10, gli Stati membri possono adottare, secondo la procedura di cui all’articolo 45, disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi:

  1. a) protezione della salute pubblica;
  2. b) protezione dei consumatori;
  3. c) prevenzione delle frodi;
  4. d) protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d’origine controllata e repressione della concorrenza sleale.”

 

Quindi noi intanto a livello italiano possiamo procedere! Perché non lo facciamo? 

 

 

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