Si all’obbligo dello stabilimento in etichetta. Ora attendiamo i fatti.

Finalmente possiamo dire che sulla petizione attraverso cui stiamo chiedendo di ripristinare in Italia l’obbligo di indicazione in etichetta dello stabilimento produttivo e della necessità di estendere tale obbligo anche in Europa è arrivata anche la posizione favorevole del Ministero dello Sviluppo Economico. Un segnale positivo e incoraggiante.
Presso il Ministero dello sviluppo economico si sono incontrati oggi i rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del Ministero della Salute con le associazioni di categoria rappresentative delle filiere agricole e produttive e della grande distribuzione (mancavano i consumatori…) sul tema dell’indicazione della sede dello stabilimento nell’etichetta dei prodotti alimentari a seguito dell’entrata in vigore, lo scorso 13 dicembre, del Regolamento UE 1169 del 2011.

I partecipanti all’unanimità hanno confermato l’importanza dell’indicazione della sede dello stabilimento di produzione nell’etichetta e hanno condiviso l’opportunità di verificare presso l’Unione europea un percorso in grado di assicurare la sua obbligatorietà anche a livello nazionale in un quadro di certezza e stabilità giuridica per le imprese.

Tradotto cosa vuol dire? Che a parole anche il Ministero dello Sviluppo Economico ha detto SI l’obbligo dello stabilimento in etichetta è importante e necessario. Bene e ora? Ora attendiamo i fatti….e siamo certi che arriveranno! O no? 

Coldiretti si dice favorevole sia all’obbligo dello stabilimento di produzione che all’indicazione di origine delle materie prime.

Federalimentare (Confindustria) diretta da Scordamaglia intervistata dal giornalista Emanuele Scarci de Il Sole24ore invece adotta una politica un po’ contradditoria. Dice NO all’obbligo solo in Italia e SI ad obbligo in tutta UE. «Possiamo anche giocare con le parole – osserva Paolo Patruno, responsabile degli affari europei di Federalimentare presente al tavolo tecnico – ma la sostanza è che non siamo d’accordo se il Governo volesse reintrodurre l’obbligo in etichetta solo in Italia: non è lo strumento per tutelare il Made in Italy agroalimentare e i consumatori. La competizione tra le imprese italiane ed estere non avverrebbe ad armi pari: sosteniamo quindi fermamente che la soluzione sia quella di sollecitare l’Ue a rendere applicabile l’obbligo a tutti i 28 Stati membri e di spostare il dibattito in sede europea». Ci vorrebbero degli anni prima di convincere tedeschi e nord europei. «Può darsi – risponde Patruno – ma bisogna pur iniziare». Ci sono imprese industriali importanti che vorrebbero l’obbligo, anche solo in Italia. “Non mi risulta – conclude Patruno – Le nostre 16 associazioni sono tutte concordi con Federalimentare”

 

Mi preme puntualizzare che l’OBBLIGO è necessario in tutta UE, ma sentire dire a Federalimentare che ci si oppone a norma solo italiana, che non è lo strumento per tutelare il Made in Italy  e che le aziende sono solo favorevoli ad una norma Europea fa pensare.
Tra le aziende firmatarie della nostra petizione, Generale Conserve Asdmoar, Conserve Italia, Granarolo, Sterilgarda, Pedon, Callipo, Nino Castiglione, F.lli Polli, Cantine Cerquetta, Goccia D’Oro, Latte Maremma, Caffè Vergnano, De Matteis, ci sono quelle favorevoli ad iniziare intanto a mantenere l’obbligo solo in Italia (come lo era fino al 13 dicembre scorso grazie al D.Lgs 109/92) e procedere poi anche in Europa ( e non fare solo norma in Europa come dice Federalimentare, con il rischio che non passi, mentre una legge ad hoc italiana in base all’ART. 39 passerebbe). Vito Gulli ad esempio, Presidente e Amministratore Delegato di generale Conserve è favorevole ad una legge solo italiana per poi procedere anche in Europa.

 

Come chiesto con la petizione, noi come Italia possiamo infatti fare una legge come nel ’92 e mantenere obbligatoria l’indicazione dello stabilimento in base all’ART.39 del Reg. Europeo.

Infatti all’art. 39.1: “Oltre alle indicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9, paragrafo 1, e all’articolo 10, gli Stati membri possono adottare, secondo la procedura di cui all’articolo 45, disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi:
a) protezione della salute pubblica;
b) protezione dei consumatori;
c) prevenzione delle frodi;
d) protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d’origine controllata e repressione della concorrenza sleale.”

Quindi noi intanto a livello italiano possiamo procedere! Perché non lo facciamo?

Se ancora non hai firmato firma qui la petizione “Nessuno tocchi l’indicazione dello stabilimento di produzione sull’etichetta” 

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