I cibi che non hanno scadenza. Differenze tra consumare entro e consumare preferibilmente entro

LO ZUCCHERO SCADE? Abbiamo ricevuto una mail da una consumatrice di nome Claudia che ci chiede: “Ho trovato nella dispensa di mia nonna diverse confezioni di zucchero che sono certa abbiano più di 10 anni in quanto erano in un mobile di cui non trovavamo la chiave. Sulla confezioni non ho trovato alcuna data di scadenza essendo molto scolorita. Io l’ho usato per fare marmellata ma mi è sorto il dubbio…lo zucchero scade?”

Partiamo dalla risposta. No, lo zucchero non ha scadenza, e come lo zucchero, non scadono il sale, l’aceto, i liquori. Su questi prodotti non è proprio obbligatorio scrivere la data di scadenza.

Il Regolamento Europeo 1169/2011 specifica che l’indicazione del termine minimo di conservazione non è richiesta nei casi:

— degli ortofrutticoli freschi, comprese le patate, che non sono stati sbucciati o tagliati o che non hanno subito
trattamenti analoghi; questa deroga non si applica ai semi germinali e prodotti analoghi quali i germogli di
leguminose,
— dei vini, vini liquorosi, vini spumanti, vini aromatizzati e prodotti simili ottenuti a base di frutta diversa dall’uva, nonché delle bevande del codice NC 2206 00 ottenute da uva o mosto di uva,
— delle bevande con un contenuto di alcol pari o superiore al 10 % in volume,
— dei prodotti della panetteria e della pasticceria che, per loro natura, sono normalmente consumati entro le
ventiquattro ore successive alla fabbricazione,
— degli aceti,
— del sale da cucina,
— degli zuccheri allo stato solido,
— dei prodotti di confetteria consistenti quasi unicamente in zuccheri aromatizzati e/o colorati,
— delle gomme da masticare e prodotti analoghi.

Ma la lista potrebbe anche aumentare. Pensate che in Ue è stato chiesto di eliminare la data di scadenza da altri prodotti rispetto a quelli sopra elencati. Delegazioni di Olanda e Svezia con il sostegno dell’Austria, Germania, Danimarca e Lussemburgo hanno chiesto l’esenzione dell’obbligo di indicare in etichetta il termine minimo di conservazione “da consumarsi preferibilmente prima” per prodotti come pasta, riso e caffe, attraverso l’estensione del dell’allegato X del regolamento UE 1169/2011 su citato.

Ma cibi scaduti si devono buttare o si possono mangiare?

DIFFERENZA TRA CONSUMARE PREFERIBILMENTE ENTRO E CONSUMARE ENTRO Troppo spesso confondiamo il termine minimo di conservazione con la data di scadenza e spaventati per la nostra salute, buttiamo cibo che invece può essere consumato tranquillamente.

Per capire bene di che si tratta dobbiamo fare la prima distinzione fondamentale. Sulle confezioni del cibo che consumiamo possiamo trovare o il “termine minimo di conservazione” o la “data di scadenza”:

Il “termine minimo di conservazione” consiste nella data fino alla quale, in adeguate condizioni di conservazione, il prodotto conserva le sue proprietà. E’ una delle informazioni richieste dall’art. 9 del Regolamento UE n. 1169/2011, che deve essere espressa con la formula “da consumarsi preferibilmente entro il” o “entro fine”, a seconda che, rispettivamente, venga indicato il giorno oppure un altro periodo.

Il Termine Minimo di Conservazione (TMC) riportato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro“  indica la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprieta’ specifiche in adeguate condizioni di conservazione. Cioè indica  soltanto la finestra temporale entro la quale si conservano le caratteristiche organolettiche e gustative, o nutrizionali, di un alimento, senza con questo comportare rischi per la salute in caso di superamento seppur limitato della stessa. Si sottolinea però che tanto più ci si allontana dalla data di superamento del TMC, tanto più vengono a mancare i requisiti di qualità del prodotto, quale il sapore, odore, fragranza, ecc.Superato il TMC è ancora possibile consumare il prodotto (non c’è alcun divieto). Il TMC dunque, è da riferire unicamente alle caratteristiche organolettiche e di gradimento del prodotto piuttosto che alla sicurezza. Più ci si allontana dalla data di superamento del TMC più vengono meno i requisiti della qualità del prodotto senza dunque che venga intaccata quello della sicurezza.

La “data di scadenza” è, invece, la data entro la quale il prodotto deve essere consumato; viene espressa con la formula “da consumarsi entro”, alla quale fa seguito l’indicazione della data oppure, nell’etichetta, dove si trovi la data. Tale data consiste, nell’ordine, in: giorno, mese ed anno. Si tratta della voce che troviamo prevalentemente sui prodotti freschi: latte, yogurt, uova. A questa indicazione è da porre particolare attenzione, in quanto il periodo di tolleranza “extra” è molto più breve rispetto al “termine ci conservazione” minimo su citato.

IMPORTANTE: Firma la petizione per sapere DOVE e CHI fa il cibo che mangi. E’ un tuo diritto! 

cibo scaduto quando mangiarlo?

I CIBI CHE NON SCADONO “MAI” E’ chiaro quindi che prodotti come sale, aceto, zucchero se ben conservati non hanno scadenza possono cioè essere consumati anche ad anni di distanza. Quindi possiamo dire a Claudia che aver usato zucchero di 10 anni per fare la marmellata in casa, che tra l’altro cuoce ad alte temperature non comporta alcun rischio.

Ma anche altri cibi oltre la data di scadenza possono essere consumati senza rischi e possiamo quindi usufruire dei momenti promozionali al supermercato per fare scorta. La differenza la fa il tempo, per i prodotti da “consumare entro” come ad esempio gli yogurt si possono tranquillamente mangiare anche  2-3 gg dopo la data di scadenza. Cibi a lunga scadenza possono essere consumati, sempre che si rispetti il corretto metodo di conservazione, anche svariati mesi o anni dopo la data indicata con la dicitura “Da consumare preferibilmente entro” E’ il caso ad esempio del tonno in scatola, olio d’oliva, peperoncino in polvere, riso e caffè sottovuoto, miele.

Il miele ad esempio grazie alle sue caratteristiche chimico-fisiche (elevata acidità, alto tenore zuccherino, presenza di sostanze antibatteriche) che creano un ambiente ostile allo sviluppo dei batteri, si conserva molto a lungo. Ad accelerarne l’invecchiamento sono le temperature elevate e la luce diretta. Si ha allora una progressiva degradazione degli zuccheri, un impoverimento degli aromi e un  inscurimento del colore. Bisogna però sottolineare che in questo caso il miele non diventa mai nocivo per la salute, pur perdendo le caratteristiche peculiari del prodotto fresco.

L’olio d’oliva ha il TMC fissato a 18 mesi dalla data di imbottigliamento.  Se l’olio dovesse andare a male la causa non è da imputare tanto al superamento del “termine minimo di conservazione” superato ma alla non corretta conservazione: il sapore disgustoso sarà dovuto a ossidazione imputabile a calore, esposizione alla luce o all’aria o all’impiego di recipienti mal puliti. Inoltre la durata dell’olio d’oliva dipende fortemente dalla qualità dell’olio e nella fattispecie dalla concentrazione di sostanze polifenoliche ivi contenute. I polifenoli contenuti nell’olio non solo lo rendono un alimento prezioso per la salute in quanto rallentano i processi degenerativi del nostro organismo, ma proteggono anche l’olio stesso da tali processi. Quindi un olio con un alto contenuto di polifenoli durerà molto a lungo mentre uno con pochi polifenoli durerà meno.

ECONOMIA CONTRO LO SPRECO O ECONOMIA PER I POVERI Ha suscitato molte polemiche la decisione della Grecia di contrastare la crisi economica, decidendo di vendere a prezzi ribassati ed entro un periodo limitato generi alimentari “scaduti”, ovvero prodotti non deperibili  con la dicitura “da consumare preferibilmente entro”sistemati su appositi scaffali e segnalati, mentre è rimasto il divieto di vendere cibi scaduti per esercizi commerciali di somministrazione, quali ristoranti e bar, che normalmente utilizzano alimenti deperibili. Sui media si è parlato di colpo alla dignità del popolo greco, con l’adozione da parte de governo greco di misure palliative per una povertà che sta dilagando sul serio. In effetti, un conto è decidere di consumare una scatoletta di tonno “dimenticata” nella nostra dispensa per combattere lo spreco e risparmiare, un conto è costruire un’economia dedicata ai poveri. C’è chi sarebbe disposto a scommettere che anche l’Italia arriverà ad adottare misure analoghe alla Grecia.

CONTRO LO SPRECO PRIM DI TUTTO LA CORRETTA CONSERVAZIONE DEI CIBI Alla base di tutto, prima del mercato, ci sono i consumatori e la loro formazione. Il risparmio e la lotta allo spreco si ottiene con la corretta conservazione dei cibi. Questo vale sia per i cibi da “consumare entro” sia per i cibi con il “termine minimo di conservazione”. Non tutti sanno ad esempio che carne e pesce vanno conservati nella parte più fredda del frigorifero che è quella situata sul vetro collocato sopra la vaschetta per frutta e verdura. La parte centrale (di solito 4-5 °C) è adatta a uova, latticini, dolci a base di creme e panna e quegli alimenti da conservare in frigorifero dopo l’apertura. Le mensole all’interno della porta invece sono i punti più caldi del frigorifero e sono destinati ai prodotti che necessitano solo di una leggera refrigerazione (es. bibite, burro). Lo stesso vale per prodotti che vanno collocati in ambienti fuori dal frigorifero, ricordandosi che il nemico numero uno per la maggior parte dei cibi è l’umidità e il calore. Ricordatevi le magiche parole: luogo fresco e asciutto.